giovedì 18 ottobre 2012

Il linguaggio dei segni per comunicare con i piccoli

I neonati sono in grado di comunicare i loro bisogni principalmente tramite il pianto. Con il trascorrere dei mesi i piccoli imparano ad esprimersi con vocalizzi, espressioni di gioia o di rabbia, e utilizzano il loro corpo per prendere, allontanare o toccare ciò che attira la loro attenzione. Per la maggior parte dei bimbi la strada verso l'espressione verbale è molto lunga, e possono trascorrere anche due o più anni prima che un piccolo sia in grado di farsi veramente capire "a parole".
I nostri piccoli cercano in tutti i modi di comunicare con il resto del mondo, ma non hanno idea di come fare: quando gesti e lamenti non funzionano, non resta loro che piangere disperati. Questo li sottopone ad un forte stress, che se da un lato li spinge a concentrarsi sul linguaggio verbale, dall'altro li isola da una reale comunicazione dei propri bisogni, desideri e pensieri per un periodo infinitamente lungo. Infatti, i piccoli sviluppano le loro capacità intellettuali ben prima di potersi esprimere verbalmente, e questa impossibilità a comunicare chiaramente e univocamente i loro pensieri è fonte di frustrazione.
Allo stesso tempo, anche per la mamma o per chi si occupa del piccolo risulta impegnativo riuscire a risolvere situazioni di pianto inconsolabile senza motivo apparente, che portano al pensiero di avere un "bambino capriccioso".

Insegnare il linguaggio dei segni può essere una soluzione per agevolare la comunicazione tra i piccoli e le persone che li circondano per tutta la prima infanzia.
Può sembrare un paradosso utilizzare un linguaggio dedicato ai sordomuti con un piccolo che ci sente perfettamente, ma chi di noi - pur sentendoci bene - non ha mai utilizzato dei segni per dire "ok", "no", "ciao", "andiamo", "baci", "a dopo", o altre parole di uso comune? Non sono forse delle ottime "scorciatoie" per comunicare con gli altri?
Inoltre, una comunicazione efficace consente uno scambio di opinioni, e di conseguenza stimola il ragionamento e l'apprendimento. Non c'è da temere che il proprio piccolo ritardi lo sviluppo della lingua parlata a causa del linguaggio dei segni: al contrario, ci sono studi che dimostrano un vocabolario più ampio e frasi più elaborate in bambini di due anni che hanno utilizzato il linguaggio dei segni fin dai primi mesi [1].

Ma quando è bene iniziare? È possibile farlo fin dalle prime settimane di vita, tuttavia i piccoli hanno bisogno di acquisire un minimo di coordinamento nella gestualità delle mani prima di riuscire a ripetere dei segni in modo comprensibile, e in genere non accade prima degli 8-11 mesi di età. Inizialmente è probabile che i segni vengano eseguiti in modo non del tutto corretto, interpretando e adattando quanto appreso alle proprie capacità di coordinazione motoria. Con il tempo, i piccoli sviluppano la piena padronanza nell'uso delle mani e di conseguenza imparano a segnare correttamente, così come passeranno dalle prime lallazioni al linguaggio vero e proprio. Se si inizia presto l'insegnamento, i piccoli utilizzeranno presto i primi segni; tuttavia, iniziare l'insegnamento dopo l'anno di età porta ad un apprendimento più rapido data la maggiore comprensione e coordinazione motoria dei piccoli.
In alcune scuole statunitensi si è sperimentato l'uso della lingua dei segni per favorire l'apprendimento della lettura e della scrittura, con ottimi risultati: i bambini si divertono ad utilizzare le mani per memorizzare le parole e le lettere che le compongono, e i segni li aiutano a ricordare l'esatta scrittura delle stesse. [2]

Per insegnare la lingua dei segni al proprio piccolo non è necessario imparare tutto il vocabolario per poi parlare solo a gesti, sarebbe uno sforzo inutile. È bene selezionare un numero davvero limitato di vocaboli (3-4) e iniziare a pronunciare questi vocaboli e a ripetere i relativi segni ogni volta che se ne presenza l'occasione. Questo consente sia al genitore che al bambino di memorizzare facilmente i segni da utilizzare. È indispensabile essere pazienti e costanti nel ripetere i segni, e possono volerci mesi prima che il piccolo decida di segnare a sua volta. Quando il piccolo inizia a comunicare con le prime parole imparate è possibile integrare il vocabolario aggiungendo altri segni, sempre un po' alla volta, con gradualità.
I primi segni saranno una mera ripetizione delle parole in corrispondenza degli eventi a cui sono associate. Successivamente i piccoli impareranno ad usarle di propria iniziativa per introdurre un argomento o per porre una domanda, e infine impareranno a combinare più segni per formulare un discorso.



Signing with Babies and Children: A Summary of Research Findings by Claire Vallotton, Ph.D.
http://c445781.r81.cf0.rackcdn.com/wp_SigningwithBabies&Children.pdf


[1] Goodwyn, S., L. Acredolo, and A.L. Brown, Impact of symbolic gesturing on early language development. Journal of Verbal and Nonverbal Behavior, 2000. 24(2): p. 81-103.

[2] Laura Felzer, August 2000, Research on how signing helps hearing children learn to read.
http://littlesigners.com/article11.html

sabato 9 giugno 2012

Allattare nel mei tai

Ho iniziato ad usare il mei tai quando il mio piccolo aveva circa quattro mesi, portandolo sul davanti. Lui era ancora "corto", e adorava stare nel mei tai perché arrivava giusto con il viso sul mio seno. Spesso lo allattavo nel mei tai, camminando. Era inverno e usavo una sciarpa o il lembo di una giacca per coprire il tutto; lui comunque scompariva totalmente nel riquadro del mei tai e non si vedeva che la testina. Poi con il passare dei mesi è diventato più alto, ma ho continuato ad allattarlo camminando avendo l'accortezza di allentare un po' le fasce sulle spalle, in modo da farlo scendere con il viso fino all'altezza del mio seno, per poi stringerlo bene di nuovo appena finito di poppare. Ora è lungo circa 75cm, riesco ancora ad allattarlo ma solo sollevando un po' il seno, e diventa necessario usare un foulard o una sciarpa per un minimo di privacy. Ora comunque lo allatto meno spesso, e in genere riesco a tenerlo nel mei tai - portato dietro - senza che lui chieda il seno.

Ricetta frittata di ceci e ricotta

Ingredienti: 
1/4 di cipolla,
1 pizzico origano
20gr farina di ceci
70 gr ricotta di capra o pecora
60 gr acqua

 Preparazione: 
1. Tritare "a crema" la cipolla, e soffriggerla in padella con l'origano e un paio di cucchiai di olio e.v. di oliva.
2. In una ciotola mescolare l'acqua con la farina di ceci e la ricotta.
3. Versare il composto nella padella. Cuocere a fuoco lento fino a doratura, girandola sottosopra un paio di volte (circa 10 minuti).
4. Servire a pezzetti, fredda.

Ricetta arancini di riso in verde

Ingredienti: 2 etti di riso, 2 cucchiai di parmigiano reggiano grattuggiato (facoltativo) 3 cucchiaini di pesto di basilico 1/2 vasetto di ricotta di capra o pecora (125gr) 1 cucchiaio di stracchino o crescenza (circa 20gr) 1 cucchiaio di pangrattato Preparazione: far bollire dell'acqua e cuocervi il riso per 10-15 minuti. Poi scolarlo e lasciarlo raffreddare. In una ciotola mescolare il riso con la ricotta, il parmigiano, lo stracchino, il pesto e il pangrattato Creare gli arancini con le mani, premendo forte (meglio se piccoli, tipo di 3-4cm di diametro). Cuocere in forno caldo a 180 gradi per 15-20 minuti, girandoli a metà cottura. NB: servirli freddi! Se il piccolo le sente scottare quando li prende poi non li mangia più!

Ricetta polpette di ricotta e zucchine

Ingredienti: 2 zucchine, 1/2 cipolla, 1/2 spicchio di aglio, 1 ciuffetto di prezzemolo, 1 tuorlo uovo, 1/2 vasetto ricotta di pecora o capra (125gr), 50 gr pangrattato per l'impasto, altro pangrattato per impanare. Preparazione: Tritare finemente la cipolla con l'aglio e il prezzemolo, e soffriggerli in padella con un cucchiaio di olio e.v. oliva. Tagliare le zucchine a cubetti da 1/2 cm e cuocerle 10 minuti in padella con il soffritto di aglio e cipolla. In una ciotola, mescolare la ricotta con il tuorlo d'uovo, il pangrattato e le zucchine. Creare le polpettine con le mani (meglio se piccole, tipo di 3-4cm di diametro), e poi passarle nel pangrattato. Cuocere in forno caldo a 180 gradi per 20 minuti, girandole a metà cottura. NB: servirle fredde! Se il piccolo le sente scottare quando le prende poi non le mangia più!

Lo Svezzamento Libero (SL): le quantità

Come scrive Carlos Gonzales in "il mio bambino non mi mangia": "L'inappetenza è un problema di equilibrio fra ciò che un bambino mangia e ciò che la sua famiglia spera che mangi (...)". Se siete tra quelli che devono "vedere" e "pesare" il cibo che entra nel proprio piccolo per sentirvi sereni, allora lo Svezzamento Libero non fa per voi. È indispensabile fidarsi del proprio piccolo e della sua capacità di autoregolarsi. Se il piccolo prende il latte materno è già abituato a gestire da sé il suo cibo, e può continuare senza difficoltà. Con lo SL non si devono sostituire le poppate con i pasti, bensì è bene proseguire con l'allattamento a richiesta, anche se il nostro piccolo dovesse chiedere di poppare un minuto prima del pranzo o appena finito in tavola. Infatti, all'inizio si limiterà a giocare con il cibo, a rosicchiarlo, romperlo e sputarlo, o a spiaccicarlo sul tavolo. Un po' alla volta inizierà a deglutire, e troverete il cibo nel pannolino così come è entrato. Poi pian piano mangerà sempre di più, e le feci saranno più solide e omogenee, e vi chiederà meno il seno nei giorni in cui si sentirà sazio di cibo. Non vi spaventate se per qualche mese mangerà solo dosi minime (e con minime intendo ad esempio mezzo spicchio di mela cotta per pranzo e un solo morso alla fetta di zucchina per cena), nel latte c'è tutto ciò di cui lui ha bisogno, se ha fame vi chiede il seno. Ad un certo punto vi accorgerete che "ha capito" che gli piace mangiare, e magari vi sorprende con una banana intera a pranzo e un pezzo di pane per cena, per poi non mangiare quasi nulla il giorno dopo, e poi stabilendo un nuovo equilibrio.

sabato 2 giugno 2012

Al mare

Eccoci per la prima volta al mare con il nostro piccolo! Abbiamo affittato un appartamento a circa 500mt dalla spiaggia, e una volta là ci concediamo lunghe passeggiate. Nonostante le passerelle in legno o in cemento, spesso il nostro passeggino risulta inadeguato alla spiaggia, o semplicemente il nostro piccolo non ci vuole stare e preferisce osservare il mare "dall'alto" delle nostre braccia. Per la prima volta abbiamo sfruttato il mei tai per portare pelle-a-pelle, indossandolo sul costume da bagno e basta. Temevo che sarei morta di caldo, invece non mi ha dato alcun fastidio, se non per lo "stampo" della fascia in vita una volta slegato il tutto. Il mio piccolo ha gradito molto essere portato pelle a pelle, ma quando si trovava sulle mie spalle veniva confuso dal mio "odore di mamma" e ha tentato più volte di cucciare la mia schiena.

venerdì 1 giugno 2012

Giochiamo con i palloncini

La nonna del mio piccolo ha portato dei palloncini da gonfiare, di quelli per i compleanni. Pensavo fosse troppo presto per lui, e invece li adora! Per evitare scoppi è preferibile gonfiarli poco, al massimo delle dimensioni di un melone. Ecco 10 semplici idee per giocare con i palloncini: 1- Farli lanciare al vostro piccolo, eventualmente sorreggendolo per consentirgli di scalciare (al mio piccolo piace poterli spostare senza fatica con le mani o i piedi, e vedere che prendono direzioni impreviste). 2- Seguirli quando volano in giro, giocando a prenderli. 3- Farli volare in alto e insegnargli a seguirli con lo sguardo. 4- Appoggiarli su una mensola o un divano e osservarli rotolare a terra. 5- Inserire più palloncini in una cesta o contenitore e poi lasciare che il piccolo li tiri fuori. 6- Fare le facce buffe tenendo un palloncino tra i denti e lasciandolo penzolare. 7- Coprire e scoprire un palloncino con una coperta. 8- Tenere un palloncino tra le dita dei piedi (nudi) e camminare. 9- Tenere un palloncino in mano e far giocare il piccolo a sbatterlo con le sue manine, tipo pugile. 10- Legare un nastro di 15cm ad un palloncino e dare l'estremità al piccolo perché lo scuota.

Allattamento e lavoro

Allattare e lavorare... Si può! Ecco di cosa parla l'ultimo libro della LLL (La Leche League, lega latte), appena pubblicato e acquistabile qui.

Anch'io purtroppo sono rientrata al lavoro quando il mio piccolo aveva otto mesi e mezzo, ed ero terrorizzata all'idea di dover interrompere l'allattamento da un giorno all'altro.
Nonostante alcune difficoltà, allattare il mio piccolo mi ha fatta sentire molto "mamma", e si è rivelato un ottimo modo per addormentarlo, per calmarlo quando si fa male, per aiutarlo a proteggersi dagli estranei, per rassicurarlo del mio amore anche se l'ho appena sgridato, e via dicendo.
Man mano che passano i mesi l'allattamento sta assumendo sempre più una funzione di rassicurazione emotiva e di contatto intimo tra me e il mio piccolo.
 Non avevo nessuna intenzione di perdere questi momenti per causa del rientro al lavoro, sarebbe stato un ulteriore trauma oltre al distacco dovuto alla mia assenza durante il giorno.
Per fortuna, grazie al prezioso aiuto della consulente Daniela della LLL, ho scelto di continuare ad allattare.

Innanzitutto ho la fortuna di possedere un tiralatte elettrico, che non è strettamente necessario ma agevola e velocizza l'operazione di spremitura. Circa un mese prima di rientrare al lavoro ho iniziato a tirarmi il latte, e ho riempito parte del freezer di mia suocera (che custodisce il piccolo mentre io sono al lavoro) con vasetti e appositi sacchetti per il latte.
Durante la settimana lavorativa, se ho una serata tranquilla e non sono troppo stanca, dopo cena mi tiro il latte da consegnare a mia suocera il mattino dopo. Se invece non ho tempo o voglia, le telefono e lei scongela uno dei vasetti.
Il mio piccolo si può attaccare al seno tra le quattro del pomeriggio e le sette del mattino, a richiesta, così come faceva mentre io ero in maternità. Per il resto della giornata si accontenta di una o due "merende di latte" (quello che mi tiro e consegno a mia suocera) e del pranzo di "cibo solido" che consuma in mia assenza. I primi giorni al lavoro il mio seno "tirava", ma poi il mio corpo si è abituato a produrre il latte negli orari giusti.
Inoltre, il mio piccolo si è subito adattato a consumare molto cibo solido a pranzo, sapendo che io non ci sono, mentre a cena continua solo a mangiucchiare perché sa che poi può avere il suo latte di mamma. (foto creative commons di Massimiliano Esposito).

giovedì 31 maggio 2012

Ricetta mini hamburger di salmone

Qualche giorno fa ho provato a cucinare per il mio piccolo dei mini hamburger di salmone: sembrava molto interessato e ne ha mangiato mezzo, ma gli si è "impaccato" sulla lingua e ha fatto fatica a mandarlo giù. Direi che è un cibo da "fase tre" del "baby led weaning", e lui è ancora alla fase due, ossia sa masticare bene e ha capito che può spezzare il cibo con i denti, ma non sa ancora gestire bene i cibi "collosi" che richiedono extra salivazione o masticazione. Proverò a riproporglieli tra una settimana, nel frattempo li congelo.  Ecco qui la ricetta:  Ingredienti:  1 trancio di salmone (circa 160gr),  2 cucchiai di cipolla e prezzemolo tritati "a crema",  40 gr pangrattato.  Preparazione:  - Cucinare il trancio di salmone (io l'ho cotto in forno a 180 gradi per 20 minuti, su una teglia con cartaforno e un filo di olio);  - Togliere la pelle e le lische, e sbriciolarlo bene bene con le mani; attenzione alle lische nascoste!  - Tritare con il minipimer il salmone sbriciolato insieme alla cipolla e al prezzemolo.  - Aggiungere il pangrattato.  - Formare dei mini hamburger di circa 4cm di diametro e 1cm di spessore.  - Cuocere in forno caldo a 180 gradi per 5 minuti per parte, fino a doratura.

venerdì 11 maggio 2012

Lo Svezzamento Libero (SL): cose che i piccoli non sanno

Con lo Svezzamento Libero ho imposto solo una regola al mio piccolo: che stia seduto a tavola mentre mangia (se fosse per lui non si fermerebbe mai... Accetta di stare seduto fermo solo per il tempo strettamente necessario per il pasto).
 Quando un piccolo sta imparando ad alimentarsi da solo non ha senso preoccuparsi delle buone maniere o dell'utilizzo di piatti e posate. Sono cose che imparerà più avanti, dopo aver capito come mangiare.
È normale che si aiuti con un dito a spostare il cibo all'interno della bocca, perché all'inizio non ha il coordinamento necessario per muovere il cibo con la lingua.
È normale che sporchi ovunque, il piccolo non sa che abbiamo la cucina pulita e vorremmo restasse tale, e non sa neppure che è male sprecare il cibo.
Non sa neppure che il cibo gli riempie la pancia, per lui è solo un gioco che si mangia, lo capirà un po' alla volta.

Lo Svezzamento Libero (SL): il mio inizio

Ho iniziato lo SL con il mio piccolo quando ha compiuto i sei mesi perché stava già ben dritto e aveva una discreta manualità, ma nonostante questo i primi tempi sembrava che gli andasse di traverso il cibo almeno due o tre volte per pasto. Attenzione: i neonati non tossiscono, fanno solo una faccia strana e una specie di "cchhh...". Che cosa facevo? Cercavo di mostrarmi rilassata, lo prelevavo dal seggiolone (dove in genere evitavo ed evito tutt'ora di legarlo) e gli spiegavo cosa accadeva: "ti è andato di traverso perché era un boccone molto grande (oppure un cibo "molto difficile"), può succedere mangiando, ora passa tutto". In alternativa, lo prendevo semplicemente in braccio tenendolo piegato verso davanti a 90 gradi, e il boccone incriminato usciva subito. Ora, dopo tre mesi di Svezzamento Libero, gli va "di traverso" qualcosa circa una volta alla settimana, e il più delle volte mi limito a chiedergli se è tutto ok. Lui ci è abituato e non si spaventa minimamente: se serve tossisce, sputa e riprende a mangiare come se niente fosse.

Lo Svezzamento Libero (SL): ma non si soffoca?

"Ma non si soffoca?" La risposta è sì, ma "solo un pochino". Allo stesso modo in cui ogni bambino per poter camminare deve cadere, e poi deve imparare a mettere avanti le mani quando cade, e poi a mettere bene i piedi in modo da restare finalmente in equilibrio. Non vi dico che andrà tutto liscio, che con lo Svezzamento Libero non prenderete mai paura che possa succedergli qualcosa, ma fa parte del gioco. Il punto è che il bambino impara a mangiare così come ogni altra attività, per tentativi ed errori, divertendosi, un po' per volta e con i suoi tempi. Il bambino deve imparare a non riempirsi troppo la bocca, a spezzare il cibo con le gengive (o eventuali dentini), a far girare il cibo in bocca con la lingua, a masticare prima di deglutire e infine a sputare ciò che non riesce a gestire: sono un sacco di attività, richiedono tempo e coordinazione. Se c'è il rischio (remoto) che possa veramente soffocarsi? Credo di sì, il rischio c'è, così come rischia di morire soffocato col cibo anche un adulto. A tal proposito consiglio vivamente le lezioni e i corsi di "disostruzione vie aeree in età pediatrica" organizzati gratuitamente dalla Croce Rossa Italiana in tutto il territorio nazionale. Per quella che è la mia esperienza e quella delle mie amiche che hanno seguito lo svezzamento tradizionale... Beh, i corsi sono serviti di più a loro! Per lo svezzamento libero sta al genitore decidere se e come vuole intraprendere questo percorso, con la piena consapevolezza dei rischi e dei relativi vantaggi. Per quanto mi riguarda, ho deciso di "correre il rischio" fin da subito, anziché frullare tutto per i prossimi due anni. Non mi va di insegnare al mio piccolo ad inghiottire delle pappe semisolide come se fossero latte (senza masticarle!!!), correndo il rischio che soffochi (per davvero) al primo pezzetto di mela scivolata nel piatto dalla grattugia, per poi decidere tra due anni che dovrebbe masticare e dovergli insegnare tutto di nuovo. Perché faticare due volte? E perché restare due o più anni con il terrore - fondato - che possa soffocarsi con qualunque cosa più grande di un chicco di riso? Per assurdo, con lo SL è proprio il cibo piccolo che fa più paura, perché per il bambino è difficile prevedere quanto ne arriva in bocca e come si distribuisce. Ne è la prova mio marito, che dopo aver offerto al nostro piccolo degli arancini di riso non ha voluto saperne di offrirgli il nostro risotto, perché - ha detto - "è un cibo troppo piccolo, si soffoca!".

Lo Svezzamento Libero (SL): come offrire il cibo

- Come ho già scritto in un post precedente, non utilizzo piatti, ciotole o tovagliette. Semplicemente appoggio il cibo sul ripiano in vetro del tavolo, e il mio piccolo si serve da solo. - Gli offro tre tipi di cibo ad ogni pasto, indicando e nominando ciò che gli offro. Poi nomino ancora il cibo quando lo porta alla bocca la prima volta, o se durante il pasto si ferma a guardarmi in cerca di approvazione. In questo modo impara i nomi degli alimenti, e impara anche che uno stesso alimento può essere presentato in forme o cotture diverse. - Non gli dico mai "bravo" se mangia né lo sgrido se non mangia: non deve fare un favore a me, non deve mangiare per soddisfare me, è un gioco che deve fare per se stesso. - Non lo aiuto in nessun modo, se non raccogliendo ciò che gli cade nel seggiolone o addosso e riportandolo sul tavolo, nominando l'alimento quando lo appoggio. Se un cibo è troppo scivoloso e continua a cadergli, e vedo che cerca di mangiarlo ma non riesce ad afferrarlo, allora gli dico: "è scivoloso, ora mamma ti aiuta a prenderlo", e glielo appoggio sulla mano, sopra il pugno chiuso. - Mai e poi mai gli metto io qualcosa in bocca, neppure se si tratta di aiutarlo: oltre ad essere una "violenza" rischierei di farlo soffocare (in proporzione, immaginate qualcuno che vi arriva alle spalle e vi infila in bocca un petto di pollo intero). - A volte capita che ci sia un minestrone di fagioli o una crema di piselli (ma mai minestrine liquide o con la pastina per neonati): in tal caso riempio mezzo cucchiaino con il minestrone e glielo offro in modo che lo prenda in mano dal lato giusto... e aspetto. Nella migliore delle ipotesi il minestrone arriva subito in bocca, poi ne esce un po', poi il piccolo comincia a masticare il cucchiaino spandendo ovunque. Altrimenti può succedere che prenda il cucchiaino storto e allora esce proprio tutto: lui si lecca dal cucchiaino quel poco che rimane attaccato e sembra comunque pienamente soddisfatto. Lo lascio giocare un pochino e poi gli chiedo gentilmente il cucchiaino, lo riempio di nuovo a metà e glielo offro ancora in mano. - Gli offro acqua da bere verso la fine del pasto, quando vedo che perde interesse, con un bicchierino da allattamento (si trova in farmacia) o anche con il mio bicchiere. Con un po' di pratica per entrambi funziona benissimo. A volte vuole bere, altre volte vuole solo sciacquarsi la bocca e sputa tutto, ma non è un problema.

Svezzamento Libero (SL): il pasto non violento

Con lo Svezzamento Libero non c'è violenza sul bambino, né fisica né psicologica, e questo dovrebbe preservarlo in futuro da possibili avversioni per certi cibi (ad esempio io non sono riuscita a mangiare finocchio cotto fino a qualche anno fa perché ....una suora all'asilo mi aveva obbligata a finirne un piatto intero dopo che le avevo detto che non mi piacevano). Dato che il piccolo non viene imboccato né viene forzato a mangiare in alcun modo, è lui che ha il pieno controllo del suo cibo e di cosa desidera o non desidera mangiare, in che ordine, con quale combinazione di gusti e in quale quantità. Con lo Svezzamento Libero non ci sono inganni del tipo "guarda che arriva l'elicottero...", né minacce "se non finisci allora...", né eroi da imitare o bambini affamati da compatire. Si mangia per il gusto di mangiare, di esplorare il cibo, di saziarsi e di socializzare. Definirei quindi lo SL come un "pasto non violento", che educa alla buona tavola senza costrizioni.